La "Profession de foi" redatta dal comitato di Kiev, benché non sia che un abbozzo, per la cui elaborazione e rifinitura, a quanto afferma Io stesso comitato di Kiev, è mancato assolutamente il tempo, permette tuttavia di farsi un'idea abbastanza precisa delle concezioni del comitato di Kiev, e queste concezioni devono senza dubbio suscitare l'energica protesta di quei socialdemocratici russi che condividono i vecchi principi della socialdemocrazia, enunciati in Russia dal gruppo “Emancipazione del lavoro”, esposti ripetutamente nelle pubblicazioni del POSDR e ribaditi nel suo manifesto. Le concezioni del comitato di Kiev risentono, indubbiamente, della forte influenza esercitata dalla nuova corrente dei "giovani socialdemocratici russi" che nel suo sviluppo finale si è fusa col bernsteinismo, dando vita a prodotti quali il celebre supplemento speciale alla Rabociaia Mysl (settembre 1899) e il non meno celebre Credo.
Non si può dire che la "Profession de foi" corrisponda in tutto e per tutto a questa corrente opportunistica e reazionaria, ma essa compie dei passi cosi notevoli in tale direzione, denuncia una tale confusione nel campo delle idee fondamentali della socialdemocrazia, un tale turbamento del pensiero rivoluzionario che riteniamo nostro dovere mettere in guardia i compagni di Kiev e analizzare minutamente la loro deviazione dai principi, da lungo tempo stabiliti, della socialdemocrazia sia internazionale che russa.
La "Profession de foi" genera la più seria perplessità fin dalla sua prima frase: "Pur riconoscendo che il compito comune più urgente del movimento operaio russo è costituito dalla lotta per i diritti politici del proletariato, il comitato di Kiev non ritiene tuttavia possibile, nel momento attuale, rivolgersi alla massa degli operai con un appello ad azioni politiche, non ritiene possibile, in altri termini, svolgere un'agitazione politica, poiché la massa degli operai russi non è ancora matura per la lotta politica". Trascuriamo la formulazione di questo, passo; per noi sono importanti solo i concetti che vi sono esposti, e che sono ripetuti (lo si tenga presente) più di una volta in altri passi della "Profession de foi", e questi concetti sono tali che non ci resta che chiederci. “Sono stati veramente dei socialdemocratici a scrivere questo?”
"La massa degli operai russi non è ancora matura per la lotta politica"! Se è vero, ciò equivale ad una condanna a morte di tutta la socialdemocrazia, poiché significa che la massa degli operai russi non è ancora matura per la socialdemocrazia. In nessun luogo al mondo, è mai esistita ed esiste infatti, una socialdemocrazia che non sia inseparabilmente e indissolubilmente legata alla lotta politica. La socialdemocrazia senza lotta politica è come un fiume senz'acqua, è una contraddizione stridente, è un ritorno o al socialismo utopistico dei nostri trisavoli, che disdegnavano la "politica", o all'anarchismo, o al trade-unionismo.
La prima profession de foi del socialismo mondiale, il Manifesto comunista, affermava già la verità, da allora divenuta elementare, che ogni lotta di classe è lotta politica, che il movimento operaio esce dallo stato embrionale e dall'infanzia, diventa movimento di classe, solo quando passa alla lotta politica. La prima profession de foi del socialismo russo, l'opuscolo di Plekhanov Socialismo e lotta politica, uscito nel 1883, ribadiva questa verità relativamente alla Russia e dimostrava come e perché il movimento rivoluzionario russo dovesse precisamente portare alla fusione del socialismo con la lotta politica, alla fusione del movimento, spontaneo delle masse operaie col movimento rivoluzionario, alla fusione della lotta di classe con la lotta politica. Ponendosi dal punto di vista del socialismo e della lotta di classe e negando in pari tempo la possibilità di "chiamare nel momento attuale le larghe masse ad azioni politiche", il comitato di Kiev abbandona in sostanza, in tutto e per tutto, i principi della socialdemocrazia, e il desiderio di rimanere sul terreno di questi principi lo fa incorrere in una serie di stridenti contraddizioni.
Com'è possibile, infatti, parlare di "educazione politica" degli operai, se non si riconosce la possibilità di condurre un'agitazione politica e una lotta politica? È forse ancora necessario dimostrare a dei socialdemocratici che non vi può essere nessuna educazione politica al di fuori della lotta politica e delle azioni politiche? È forse pensabile che un qualsiasi corso di lezioni o libro ecc. possano educare politicamente le masse operaie, se non c'è attività politica e lotta politica? La socialdemocrazia russa dovrebbe forse tornare al punto di vista dei fautori della servitù della gleba, che dicevano che prima di emancipare i contadini bisognava educarli, o al punto di vista dei nostri imbrattacarte, che, strisciando dinanzi al governo, affermano, che prima di dare al popolo i diritti politici bisogna educarlo? Come è possibile porsi il compito, di suscitare la coscienza della necessità di lottare per i diritti politici e nello stesso tempo non ritenere possibile chiamare gli operai ad azioni politiche, non ritenere possibile l'agitazione politica? Suscitare la coscienza della necessità della lotta politica e nello stesso tempo non chiamare alla lotta politica?! Che cosa è questo? Che senso ha? E una simile confusione non è già il risultato delle lacune o dell'incompiutezza di un abbozzo, è il risultato naturale, inevitabile della doppiezza e dell'ambiguità che permea di se tutte le concezioni del comitato di Kiev. Da una parte, esso vuole rimanere sul terreno dei vecchi principi fondamentali, da lungo tempo stabiliti, della socialdemocrazia internazionale e russa, dall'altra si lascia sedurre dalle paroline bernsteiniane alla moda della "necessità" della "gradualità" (sezione 1 della "Profession de foi" del comitato di Kiev, parte finale), del "carattere immediatamente economico del Movimento", dell'impossibilità dell'agitazione e della lotta politica, della necessità di mantenersi sul solido terreno delle esigenze e dei bisogni reali (come se la lotta per la libertà politica non fosse il prodotto dell'esigenza e del bisogno più reali!), in una parola si lascia sedurre dalle paroline alla moda di cui sono intessute opere alla moda quali il Credo e il supplemento speciale alla Rabociaia Mysl. Soffermiamoci sul contenuto, della tesi nella quale, come in un punto, focale, si concentrano tutti i lati deboli della "Profession de foi", sulla tesi, cioè, secondo cui non sarebbe "possibile nel momento attuale rivolgersi alla massa degli operai con un appello ad azioni politiche", ossia, in altri termini, svolgere un'agitazione politica, poiché l'operaio russo non sarebbe ancora maturo per la lotta politica. Quest'ultima affermazione è completamente falsa, per fortuna (diciamo per fortuna, giacché, se fosse vera, dovrebbe inevitabilmente trascinare i marxisti e i socialdemocratici russi nel pantano della corruzione trade-unionista e liberal-borghese in cui si sforzano di precipitarli gli autori del Credo, della Rabociaia Mysl e i loro numerosi accoliti della nostra letteratura legale). La massa degli operai russi non solo è matura per la lotta politica, ma ha già molte volte manifestato la sua maturità, compiendo molte volte atti di lotta politica e, per di più, non di rado in modo spontaneo.
Infatti, non è forse un atto di lotta politica la diffusione in massa di appelli nei quali il governo viene biasimato e fustigato? La massa degli operai russi non ha forse, "con i propri mezzi", dato delle lezioni a poliziotti e soldati divenuti troppo burbanzosi? Non ha forse liberato con la forza compagni arrestati? Non si è forse battuta in molti luoghi, in vere e proprie lotte di strada, contro l'esercito e la polizia? La massa degli operai russi non ha forse alimentato, nel corso di più di vent'anni, coi suoi elementi migliori, più evoluti, più onesti e valorosi, i circoli e le organizzazioni rivoluzionarie? Ma noi, rappresentanti del partito socialdemocratico rivoluzionario, dovremmo, in nome di una dottrina alla moda della corruzione borghese, dimenticare tutto ciò e riconoscere impossibile chiamare le masse operaie ad azioni politiche! Ci si obietterà, forse, che i fatti citati sono il più delle volte esplosioni spontanee piuttosto che lotta politica. Ma non hanno forse i nostri scioperi, risponderemo noi, rappresentato soltanto ed esclusivamente delle esplosioni spontanee finche i circoli rivoluzionari dei socialisti non sono passati ad una vasta agitazione, finché non hanno chiamato le masse operaie alla lotta di classe, alla lotta cosciente contro i suoi oppressori? È forse possibile trovare nella storia sia pure un solo movimento popolare, sia pure un solo movimento di classe che non sia cominciato con esplosioni spontanee non organizzate, che abbia assunto una forma organizzata, abbia creato partiti politici senza l'intervento cosciente di rappresentanti colti di quella data classe? Se l'irrefrenabile impulso spontaneo della classe operaia verso la lotta politica si manifesta finora in gran parte solo attraverso esplosioni non organizzate, soltanto le Moskouskie Viedomosti e il Grazdanin possono dedurne che la massa degli operai russi non è ancora matura per l'agitazione politica. Il socialista invece ne dedurrà che già da gran tempo e maturata la necessità dell'agitazione politica, del più largo appello alle masse operaie perché diano vita ad azioni politiche e perché conducano una lotta politica; se non lanciamo questo appello, veniamo meno, al nostro dovere e cessiamo in sostanza di essere dei socialdemocratici, perché sono stati sempre e dappertutto i fautori dichiarati della borghesia a predicare le organizzazioni economiche e professionali senza lotta politica, per cui non si può definire che criminale e vergognoso il silenzio sistematico sulla lotta politica e sui compiti politici della classe operaia russa a cui, come abbiamo visto, si attiene, per esempio, la Rabociaia Mysl. Questo silenzio equivale ad un inquinamento della coscienza politica degli operai, che vedono e sentono l'oppressione politica, si sollevano spontaneamente contro di essa, ma incontrano nei loro dirigenti socialisti l'indifferenza o addirittura la polemica contro le idee della lotta politica. Non si può non parlare di indifferenza e di estrema limitatezza quando ci si dice che occorre procedere "gradualmente" nel portare tra la massa le idee di libertà politica; perché, evidentemente, finora ci siamo troppo affrettati a portare tra la massa queste idee, e quindi ci si deve moderare e frenare!!! Oppure quando ci si dice che solo "nella misura in cui ve né motivo in ogni singolo caso" bisogna "illuminare politicamente la situazione della classe operaia", quasi che i "motivi" per l'agitazione politica non ci venissero forniti dai fatti più comuni, diffusi, generali della vita degli operai?!
La tendenza a limitare l'agitazione politica in base ai motivi presenti in ogni singolo caso o non ha senso, o esprime semplicemente la tendenza a fare un passo indietro, in direzione del Credo e della Rabociaia Mysl, la tendenza a restringere ancora i limiti già troppo, angusti della nostra attività di propaganda e di agitazione. Forse ci si obietterà anche che le masse operaie non comprendono ancora l'idea della lotta politica, idea accessibile solo a singoli operai più evoluti degli altri. A questa obiezione, che ci tocca sentire tanto spesso dai "giovani" socialdemocratici russi, risponderemo che in primo luogo, la socialdemocrazia sempre e dappertutto è stata e non può non essere la rappresentante degli operai coscienti, e non già di quelli che non lo sono, e che non vi può essere nulla di più pericoloso e criminale della condiscendenza demagogica nei confronti dell'arretratezza degli operai. Se l'azione deve ispirarsi a ciò che nel momento attuale è al massimo grado accessibile alle masse più larghe, allora dobbiamo predicare l'antisemitismo o svolgere un'agitazione sul terreno, poniamo, di un appello a Padre Giovanni da Kronstadt.
Compito della socialdemocrazia è quello, di sviluppare la coscienza politica delle masse, non di trascinarsi alla coda della massa priva di diritti politici; in secondo luogo - ed é la cosa principale - non è vero che le masse non comprendano l'idea della lotta politica. Quest'idea la comprenderà anche l'operaio più rozzo, a condizione naturalmente, che l'agitatore o il propagandista sappiano rivolgersi a lui in modo tale da comunicargliela, sappiano spiegarla in un linguaggio accessibile e fondandosi su fatti a lui noti della vita di ogni giorno. Ma questa condizione è necessaria anche per chiarire le premesse della lotta economica, anche in questo campo il rozzo operaio degli strati inferiori ed intermedi della massa non è in grado di assimilare l'idea generale della lotta economica; quest'idea viene assimilata da pochi operai colti, che la massa, guidata dall'istinto, e dall'interesse diretto e immediato, segue.
Lo stesso avviene nel campo della politica: l'idea generale della lotta politica verrà assimilata, naturalmente, solo dall'operaio colto, che la massa seguirà, giacché essa avverte perfettamente di essere priva dei diritti politici (come lo stesso comitato di Kiev riconosce in un passo della sua "Profession de foi"), e gli stessi interessi quotidiani immediati la portano continuamente a scontrarsi con ogni sorta di manifestazioni dell'oppressione politica. In nessun movimento politico a sociale, in nessun paese v'è mai stato e può esservi, fra la massa di una data classe o del popolo ed i suoi poco numerosi rappresentanti colti, un rapporto che non sia appunto della seguente natura: sempre e dovunque i dirigenti di una determinata classe sono i suoi rappresentanti più avanzati, più colti. Anche nel movimento operaio russo non può essere diversamente. Ed ignorare gli interessi e le esigenze di questo strato d'avanguardia degli operai, tendere ad abbassarsi al livello mentale degli strati più bassi (anziché elevare costantemente la coscienza degli operai) significa quindi, necessariamente, esercitare un'azione profondamente dannosa e preparare il terreno alla penetrazione nell'ambiente operaio di ogni sorta di idee non socialiste e non rivoluzionarie. Per concludere l'analisi delle concezioni del comitato di Kiev circa la lotta politica, [aggiungerò quanto segue]. In maniera estremamente strana e in pari tempo estremamente caratteristica per tutta la e Profession de foi", il comitato, pur non ritenendo possibile chiamare nel momento attuale le larghe masse degli operai ad azioni politiche, ritiene che sarebbe bene organizzare dimostrazioni parziali, a scopo puramente agitatorio, (non già per esercitare un'azione sul governo), muovendo, da motivi accessibili alla comprensione delle larghe masse. Dei socialisti che invitano gli operai a non esercitare un'azione sul governo!!! È il colmo... Solo non si riesce a capire come possano esservi delle dimostrazioni che non esercitino un'azione sul governo. Si vuol forse raccomandare agli operai di dimostrare tra le quattro pareti dei loro bugigattoli dopo aver ben chiuso la porta? oppure, magari, di dimostrare mostrando i pugni... in tasca? questo, effettivamente, non eserciterebbe proprio la tanto dannosa e funesta "azione sul governo"! Non riusciamo nemmeno a capire che cosa significhi "dimostrazione parziale". Significa forse: agitazione sindacale, limitata a questioni sindacali (ancora una volta: ma qui che cosa c'entra il socialismo?), oppure, forse, agitazione per motivi politici parziali, e non contro l'intero sistema politico, contro l'autocrazia in generale? Ma se è cosi, non si tratta delle più pure idee del Credo e dell'opportunismo estremo, dell'estrema degradazione, dell'offuscamento della coscienza politica e dei compiti politici della classe operaia? Se è cosi, perché mai non ripetere l'"alata parola" di un "giovane" socialdemocratico della capitale: "È prematuro screditare l'autocrazia fra gli operai"?... L'estrema limitatezza delle concezioni traspare nella Profession de foi non solo a proposito della "politica". "L'azione agitatoria sulla massa - leggiamo - Può esprimersi nel momento attuale solo in primo luogo, sotto forma di appoggio, alla lotta economica del proletariato; perciò il comitato approfitta di ogni caso di conflitto tra gli operai e i padroni, o di ogni grosso sopruso commesso dai padroni, per rivolgersi agli operai con un appello che chiarisca agli stessi operai la loro situazione, invitandoli a protestare, assumendo la funzione dirigente negli scioperi, formulando le loro rivendicazioni, indicando la via migliore per realizzarle, sviluppando con tutto questo la coscienza della classe operaia", le basta, non ci si dice altro a proposito della lotta economica. E questa sarebbe una profession de foi! Rileggete attentamente questi passi; sono ancora una volta il linguaggio del Credo le i concetti del Credo (il che illustra ancora una volta il grave errore della redazione del Raboceie Dielo, che cerca tenacemente di nascondere le concezioni dei "giovani economisti", nelle quali vorrebbe vedere unicamente una deviazione di singoli individui).
Per il socialista la lotta economica serve come base per organizzare gli operai in un partito rivoluzionario, per unificare e sviluppare la loro lotta di classe contro tutto l'ordinamento capitalistico. se si concepisce invece la lotta economica come fine a se stessa, in essa non c'è nulla di socialista e l'esperienza di tutti i paesi europei ci mostra numerosi esempi di sindacati non solo socialisti ma anche antisocialisti.
È compito del politico borghese quello di "contribuire alla lotta economica del proletariato"; compito del socialista è di far sì che la lotta economica giovi al movimento socialista le ai successi del partito operaio rivoluzionario. Compito del socialista le di contribuire a fondere indissolubilmente la lotta economica e quella politica, sì da ottenere una lotta di classe unitaria delle masse operaie socialiste. Le vaghe espressioni della Profession de foi del comitato di Kiev spalancano così la porta alle idee bernsteiniane le legittimano un'attitudine inammissibilmente angusta nei riguardi della lotta economica.
L'azione agitatoria sulle masse deve consistere nell'agitazione più vasta, sia economica che politica, per ogni caso e a proposito di ogni manifestarsi di qualunque tipo di oppressione o agitazione, che noi dobbiamo utilizzare per attirare un numero sempre maggiore di operai nelle file del partito socialdemocratico rivoluzionario, per stimolare tutte le possibili manifestazioni di lotta politica, per organizzare questa lotta, facendola passare dalle sue forme spontanee alla forma di lotta di un partito politico unitario. L'agitazione deve cosi servire come mezzo per una larga diffusione della protesta politica e di forme di lotta politica più organizzate. Nel momento attuale la nostra agitazione si muove entro limiti troppo angusti, la cerchia delle questioni che essa tocca troppo ristretta, e noi abbiamo, il dovere non di legittimare questa limitatezza, ma di cercare di sbarazzarcene, di cercare di approfondire ed ampliare la nostra attività agitatoria.
Nella Profession de foi che stiamo esaminando, questa limitatezza porta non solo agli equivoci teorici analizzati sopra, ma anche a una limitazione del compiti pratici. Questa limitazione traspare nel proposito di "porre come compito immediato ed urgente quello, di indagare la situazione degli operai nelle fabbriche ed officine locali mediante questionari ed altri mezzi". Naturalmente non abbiamo nulla da obiettare contro i questionari in generale, che costituiscono un complemento indispensabile dell'agitazione, ma occuparsi di indagini significa sperperare improduttivamente le forze rivoluzionarie, già di per sé scarse.
Vi è molto da attingere anche nelle nostre indagini legali. Il compito più urgente essere quello, di ampliare l'agitazione e la propaganda (specialmente politica), tanto più che l'ottima abitudine di inviare direttamente corrispondenze ai giornali socialisti, abitudine che si sta diffondendo fra i nostri operai, assicura materiale in abbondanza.
Una limitazione ancora maggiore si riscontra nel fatto che, per quanto, riguarda le casse, si dichiarano desiderabili solo le casse "sindacali di sciopero" e non viene spesa nemmeno una parola sull'opportunità che queste casse vengano a far parte, come anelli di un'unica catena, del partito socialdemocratico, che esse servano alla lotta politica.
Limitare le nostre casse cospirative alla sola attività economica: questa aspirazione è naturale per gli autori del Credo, ma è cosa incomprensibile nella Profession de foi di un comitato del Partito operaio socialdemocratico russo.
A proposito delle associazioni legali, le tesi della Profession de foi non sono meno, anguste e riflettono, esattamente allo stesso modo, la tendenza a fare delle concessioni al famigerato bernsteinismo; il cooperare, da parte di un comitato del partito socialdemocratico, alla creazione di casse significa, ancora una volta, sperperare le forze e cancellare la distinzione esistente fra lavoro culturale e lavoro rivoluzionario; un partito rivoluzionario può e deve utilizzare le associazioni legali per rafforzare e consolidare il proprio lavoro, come leve per l'agitazione, come mezzi efficaci per mascherare determinati contatti, ecc. ecc., ma niente più. Sperperare le forze dei socialisti per cooperare alla creazione di associazioni è esternamente irrazionale, attribuire un significato autonomo a queste associazioni è errato, pensare che le associazioni legali possano essere "pienamente indipendenti dalla partecipazione e dalla pressione dei padroni" è semplicemente ridicolo.
Il carattere angusto delle concezioni del comitato di Kiev e la loro peculiarità specifica si esprime, infine, anche nei suoi piani organizzativi. Siamo pienamente d'accordo, è vero, col comitato di Kiev quando afferma che non è questo, il momento di proclamare la ricostituzione del partito, e di eleggere un nuovo Comitato centrale, ma riteniamo completamente errata l'opinione che il "movimento possa avere un carattere immediatamente economico", l'opinione secondo cui il proletariato russo non sarebbe ancora "preparato per l'agitazione politica". Errato sarebbe anche aspettare che e i gruppi locali si rafforzino, aumentino di numero, consolidino i legami con l'ambiente operaio": un tale rafforzamento porta spesso ad un crollo subitaneo.
No, dobbiamo subito accingerci all'opera di unificazione e iniziarla con l'unificazione nel campo della stampa, con la creazione di un organo di stampa russo comune a tutti, che deve sforzarsi di preparare la ricostituzione del partito, servendo da organo di stampa per tutta la Russia, raccogliendo corrispondenze e materiali dai circoli di tutte le località, riservando spazio alla discussione delle questioni controverse, estendendo, i limiti della nostra propaganda ed agitazione, dedicando particolare attenzione alle questioni organizzative e ai metodi tattici le tecnici del nostro lavoro soddisfacendo tutte le esigenze degli operai più evoluti ed elevando costantemente gli strati più bassi del proletariato (che devono venire attratti mediante le corrispondenze operaie, ecc.), fino a farli partecipare in maniera sempre più cosciente al movimento socialista e alla lotta politica.
Solo in questo modo, ne siamo convinti, si possono creare le condizioni di fatto per l'unificazione e la ricostituzione del partito, e solo la polemica diretta e aperta contro, l'angusto "economismo" e le idee bernsteiniane, idee che prendono sempre più piede, può assicurare il sano sviluppo del movimento operaio russo e della socialdemocrazia russa.
LENIN
Ultima modifica 24.12.2003