La dialettica nella scoperta delle forme politiche
La dialettica delle epoche storiche
La dialettica della scienza infinita
La dialettica della verità oggettiva
I tre sintomi del capovolgimento
La dialettica della crisi politica
La sofistica e la dialettica della politica
La dialettica delle parti opposte
La dialettica multilaterale
La dialettica del fenomeno politico
La catena politica delle cause
Eclettismo e dialettica della lotta politica
Il problema che Marx pone e risolve nel 1852, nel libro
Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, è quello di determinare
in cosa consista, dal punto di vista dello sviluppo
storico la sostituzione dello Stato proletario allo
Stato borghese. Osserva Lenin: Il problema dello Stato
nel 'Manifesto' era posto in modo ancora troppo astratto, in
nozioni e termini dei più generici.
Nel 18 Brumaio, invece, è posto
concretamente e la conclusione è estremamente precisa, ben
definita, praticamente tangibile: tutte le rivoluzioni precedenti
non fecero che Perfezionare la macchina dello Stato,
mentre bisogna spezzarla, demolirla. Questa conclusione è la
cosa principale, essenziale della dottrina marxista sullo
Stato.
Nel 1852, Marx giunge alla conclusione che i partiti che in
Francia lottarono per il potere considerarono lo Stato come un
bottino e che tutti i rivolgimenti politici invece
di spezzare la macchina statale l'hanno perfezionata. Alla luce
della successiva esperienza storica possiamo noi, oggi,
comprendere appieno il valore della scoperta fatta da Marx della
legge del movimento della sovrastruttura statale. Possiamo ancora
più apprezzare il giudizio di Lenin: In questo
ammirevole ragionamento il marxismo fa un grandissimo passo in
avanti in confronto al Manifesto del Partito
Comunista.
È utile considerare perché avviene questo balzo. Marx
analizza l'esperienza dal 1848 al 1851, ma, precisa Lenin, il
bilancio che ne trae è permesso da una profonda
concezione filosofica del mondo e da una vasta
conoscenza della storia. La conquista della dottrina
marxista sullo Stato e della generale concezione materialista
della politica ci rimanda alla filosofia che l'ha resa possibile,
al metodo dialettico che l'ha guidata.
L'esposizione di Lenin è, tra l'altro, una rigorosa
lezione di questo metodo: Il potere statale
centralizzato, proprio della società borghese, apparve
nel periodo della caduta dell'assolutismo. Le due istituzioni
più caratteristiche di questa macchina statale sono: la
burocrazia e l'esercito permanente.
Marx scopre che, nel corso delle numerose
rivoluzioni borghesi di cui l'Europa è stata teatro dalla caduta
del feudalesimo in poi, l'apparato burocratico e
militare si perfeziona e si rafforza. È un fenomeno che si
sviluppa nel tempo (due secoli) e nello spazio (l'Europa); non è
singolo ma plurimo, non è isolato ma reiterato. Lenin dice che,
nel 1852, si poteva unicamente constatare, con la
precisione propria delle scienze naturali che
la rivoluzione proletaria affrontava il compito di spezzare
la macchina statale. Affrontava, per la prima volta, il
compito storico di invertire la tendenza delle rivoluzioni
borghesi ad aumentare la macchina statale burocratica e militare,
la tendenza ad incrementare il parassitismo.
Lenin ricorda l'obiezione posta a Marx e cita la risposta di
Engels, per il quale è giusto generalizzare la conclusione sulla
storia dei tre anni della Francia proprio perché è in questo
paese che le mutevoli forme politiche
prendono i contorni più netti. Comunque,
sostiene Lenin, la prova che Marx si attiene strettamente
alla base reale dell'esperienza storica è data dal
fatto che solo nel 1871 affronterà in concreto che cosa si debba
sostituire alla macchina dello Stato.
La riflessione va ancor più a fondo: La
riproduzione del movimento ad opera del pensiero è
sempre una adulterazione, un'uccisione, e invero non
solo ad opera del pensiero, ma anche della sensazione, e non solo
del movimento, ma anche di ogni e qualsiasi
concetto.
La realtà è movimento; sappiamo quanto non possa essere
correttamente rappresentata con formule oggettivistiche,
soggettivistiche, comunque schematiche. Di molto presunto
marxismo resta ben poco se è sottoposto all'esame dei
Quaderni filosofici.
Lo schematismo semplifica la rappresentazione della realtà;
la semplificazione diventa, infine, la rappresentazione di una
realtà che non esiste. Inevitabilmente un metodo non dialettico
di analisi della realtà conduce ad atteggiamenti politici
subalterni ed incapaci di effettiva autonomia.
Possiamo cercare di verificare la riflessione di Lenin
proiettandola sul corpo specifico della concezione materialista
della politica. La nota di Lenin si riferisce alle Lezioni
sulla storia della filosofia di Hegel, studiate all'inizio
del 1915 a Berna.
Nel gennaio del 1915 A.N. Potresov pubblica a Pietroburgo, sul
Nasce Dielo, un articolo sui limiti della democrazia
nazionale. È così commentato da Lenin: A. Potresov
ha intitolato il suo articolo. Sul limitare di due
epoche. È indiscutibile che noi viviamo sul
limitare di due epoche, e gli avvenimenti storici di
grandissima importanza che si svolgono dinanzi a noi possono
essere compresi soltanto analizzando, in primo luogo, le
condizioni del passaggio da un'epoca all'altra.
Sorge, quindi, la necessità di rappresentare a livello
teorico il movimento del passaggio da un'epoca all'altra. Il
lavoro dei quaderni filosofici fornisce lo strumento della
dialettica: Si tratta di grandi epoche
storiche; in ogni epoca ci sono e ci saranno
movimenti parziali, singoli, ora in avanti, ora indietro, vi sono
e vi saranno diverse deviazioni dal tipo medio e dal ritmo
medio del movimento. Non possiamo sapere con quale rapidità,
né con quale successo., si svilupperanno singoli movimenti
storici di una determinata epoca. Ma possiamo sapere e sappiamo
quale classe sta al centro di questa o quell'epoca e ne determina
il contenuto fondamentale, la direzione principale del
suo sviluppo, le particolarità essenziali della situazione storica,
ecc..
Già in un articolo del 26 novembre 1905, Lenin aveva
affrontato il problema della rivoluzione russa con una visione
delle grandi epoche storiche: L'epoca della rivoluzione
borghese è contrassegnata in Russia, come in altri paesi, dalla
relativa immaturità delle contraddizioni di classe
della società capitalistica. In verità, il capitalismo
è sviluppato oggi in Russia molto di più che nella
Germania del 1848, per tacere della Francia del 1789, ma non c'è
dubbio che le contraddizioni puramente capitalistiche
sono in Russia occultate in misura molto ampia dalle
contraddizioni fra la civiltà e asiatismo, fra
l'europeismo e il tartarismo, fra il capitalismo e il
feudalesimo; non c'è dubbio cioè che da noi emergono in primo
piano rivendicazioni il cui appagamento farà espandere
il capitalismo, lo depurerà dalle scorie del
feudalesimo, migliorerà le condizioni di vita e di
lotta sia per il proletariato che per la borghesia.
Tartarismo, asiatismo, europeismo: movimenti parziali
dell'epoca storica e della sua strategia.
Poco dopo giudica una formula magnifica quella
dell'universale astratto che abbraccia
in sé la ricchezza del particolare; la formula
richiede un confronto con Il Capitale di Marx.
Tale confronto è stabilito in alcuni passi dei Quaderni.
Nello stendere un Pìano della dialettica, Lenin
osserva: Anche se Marx non ci ha lasciato
alcuna Logica (con lettera maiuscola), ci ha lasciato
tuttavia la logica del Capitale che, per il
problema che ci interessa, dovrebbe essere utilizzata al
massimo. Nel Capitale vengono applicate a una sola
scienza la logica, la dialettica e la teoria della conoscenza del
materialismo (non occorrono tre parole: è una stessa e identica
cosa), prendendo tutto ciò che vi è di prezioso in
Hegel e sviluppandolo ulteriormente.
Occorre utilizzare al massimo la logica che Marx ci offre nel
Capitale. nello strumento di analisi dello sviluppo
del modo capitalistico di produzione. Vedremo come il massimo di
utilizzo della logica possa e debba essere fatto nella lotta
politica. Lenin ci rimanda alla teoria marxista della conoscenza,
secondo la quale: La conoscenza è l'eterna, infinita
approssimazione del pensiero all'oggetto. Il rispecchi
mento della natura nel pensiero umano non è morto.
non è astratto senza movimento, senza
contraddizioni, ma è da concepire nell'eterno processo
del movimento, del nascere e togliersi delle
contraddizioni.
Il commento alla Scienza della logica di Hegel ci
permette di comprendere come la elaborazione teorica non rimanga
confinata alla sfera filosofica e come venga tradotta nella
concezione politica.
Nella seconda metà di maggio e nella prima metà di giugno
del 1915, Lenin traccia un primo bilancio che intitola Il
fallimento della II Internazionale e che pubblica nel
fascicolo 1-2 del Kommunist dello stesso anno.
Ci preme mettere in rilievo alcuni passi poco considerati: Perciò,
fra l'altro, si deve respingere come un sofisma ogni affermazione
che la differenza tra la tattica nazionale e quella internazionale
non sarebbe stata esaminata esaurientemente.... È
quello che afferma Axelrod, ma: Questo è un sofisma,
poiché altro è l'analisi scientifica di tutti gli aspetti
dell'imperialismo, analisi che è appena incominciata e che, per
sua natura, è infinita come, in generale, è infinita la
scienza; altro sono ì fondamenti della tattica socialista contro
l'imperialismo capitalista....
Lenin dice che è ipocrisia quella di Kautsky e di Cunow, dato
che: Il capitalismo non sarà mai studiato a fondo in
tutte le manifestazioni della sua pirateria e nemmeno in
tutte le più minute ramificazioni del suo sviluppo storico e
nelle sue particolarità nazionali.
Del resto: Sui particolari, gli scienziati (e
specialmente i pedanti) non smetteranno mai di disputare.
Su questa base, sarebbe ridicolo rifiutarsi
di prendere parte alla lotta socialista contro il capitalismo,
rifiutarsi di contrapporsi a coloro che hanno tradito
questa lotta. E che cosa ci propongono di diverso Kautsky,
Cunow, Axelrod, ecc?.
La scienza è infinita, come la dialettica della lotta.
Compendia le parti dove la dialettica dei
concetti appare come un processo: La vita
produce il cervello. Nel cervello umano si rispecchia la natura.
Verificando nella pratica e con la tecnica l'esattezza
di questo rispecchiamento e applicandolo, l'uomo perviene alla
verità oggettiva.
Lenin ricava che: La verità è un processo.
Dall'idea soggettiva l'uomo perviene alla verità oggettiva
attraverso la 'prassi' (e la tecnica).
Nell'articolo su Il fallimento della II
Internazionale, abbiamo un esempio di come la teoria
marxista della conoscenza serva a guidare l'azione politica.
Viene presa in esame la versione di uno dei capi della Seconda
Internazionale: Le speranze nella rivoluzione si sono
dimostrate illusorie e non è da marxista difendere delle
illusioni. ecco come ragiona Cunow.
La verità soggettiva di Cunow non è in
alcun modo la verità oggettiva alla quale
si perviene attraverso la pratica della lotta politica. Cunow
spiega il fallimento dell'Internazionale come il fallimento delle
speranze illusorie. Secondo Cunow, il manifesto di Basilea
presupponeva lo scoppio della rivoluzione.
Lenin richiama, in sintesi, le tesi di Basilea e dice:
Tutte queste sono idee assolutamente chiare; in esse
non v'è la garanzia che la rivoluzione avverrà; ma in
esse si mette l'accento su una precisa caratteristica di fatti e
di tendenze. Chi dice, a proposito di questi argomenti e di
questi ragionamenti, che prevedere lo scoppio della rivoluzione
significa illudersi, ha dimostrato di avere, verso la
rivoluzione stessa, un atteggiamento non marxista, ma
struvista, poliziesco, da rinnegato.
Il dibattito pone, a questo punto, un problema che deve essere
approfondito. Non vi sono garanzie sul divenire di un fatto da un
altro fatto: non è certo che una guerra produca una rivoluzione.
L'illusione può maturare solo in chi non ha compreso la dialettica
dei concetti.
La guerra imperialistica è sì un concetto ma è un concetto
che rispecchia un fenomeno della natura sociale capitalistica.
Stabilire la correlazione tra il fenomeno reale della guerra e
la possibilità della rivoluzione è una verifica che avviene
nella pratica della lotta politica. La verità è un
processo, ci avverte Lenin. Dalla teoria si perviene
alla verità oggettiva attraverso la prassi.
L'analisi precisa di fatti e di tendenze permette di
scoprire la correlazione fra il processo oggettivo della società
imperialista e il processo soggettivo del movimento
rivoluzionario. In questo senso, la verità è un
processo e non una speranza che può deludere.
È in questa occasione che Lenin consegna alla storia la
teoria della rivoluzione, frutto dei Quaderni e della
prima guerra mondiale.
Quando la crisi economica e politica si trasforma in
situazione rivoluzionaria? Lenin lo spiega in una limpida
esposizione che procede mettendo a fuoco un concetto dietro
l'altro: Quali sono, in generale, i sintomi di una
situazione rivoluzionaria? Certamente non sbagliamo indicando i
tre sintomi principali seguenti: 1) l'impossibilità per
le classi dominanti di conservare il loro dominio senza
modificarne la forma; una qualsiasi crisi negli strati
superiori, una crisi nella politica della classe dominante
che apre una fessura nella quale si incuneano il malcontento e
l'indignazione delle classi oppresse. L'autore
introduce una considerazione fondamentale: Per lo scoppio
della rivoluzione non basta ordinariamente che gli strati
inferiori non vogliano, ma occorre anche che gli
strati superiori non possano vivere come per il
passato. La condizione di crisi sbocca in una
rivoluzione quando si instaura tra gli strati
inferiori e gli strati superiori della società
la dialettica indicata da Lenin.
Gli altri due sintomi principali sono i seguenti: 2)
un aggravamento, maggiore del solito, dell'angustia e della,
miseria delle classi oppresse; 3) in forza delle cause suddette,
un rilevante aumento dell'attività delle masse, le
quali, in un periodo 'pacifico', si lasciano depredare
tranquillamente, ma in tempi burrascosi sono spinte, sia da tutto
l'insieme della crisi che dagli stessi strati
superiori, ad un'azione storica indipendente.
L'indicazione così precisa dei sintomi diventa
necessaria alla valutazione e alla prassi politica. Più è
accurata l'analisi della situazione oggettiva e più diventa
chiara la necessità della trasformazione soggettiva: Senza
questi cambiamenti oggettivi, indipendenti dalla volontà, non
soltanto di singoli gruppi e partiti, ma anche di
singole classi, la rivoluzione, di regola, è impossibile.
L'insieme di tutti questi cambiamenti obiettivi si chiama
situazione rivoluzionaria.
La storia ha dimostrato che se a tale situazione non si
aggiunge una trasformazione soggettiva, cioè la
capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni
rivoluzionarie di massa sufficientemente forti per poter spezzare
(o almeno incrinare) il vecchio governo, lo sbocco
rimane all'interno della classe dominante. La teoria della
rivoluzione ricava gli insegnamenti dalla storia economica e
politica.
Il concetto diventa comprensibile appena lo ritroviamo
nell'articolo su Il fallimento della Seconda
Internazionale.
Si tratta di definire la crisi politica: Una tale
situazione si presentò in Russia nel 1905 e in tutte le
epoche rivoluzionarie in Occidente, ma essa si presentò
anche nel 1860 in Germania e nel 1859-61, 1879-80 in
Russia, sebbene in questi casi non vi sia stata una
rivoluzione. Perché? Perché la rivoluzione non nasce
da tutte le situazioni rivoluzionarie, ma solo da quelle situazioni
nelle quali, alle trasformazioni obiettive sopra indicate, si
aggiunge una trasformazione soggettiva, cioè la capacità della
classe rivoluzionaria di compiere azioni di massa
sufficientemente forti per poter spezzare (o almeno incrinare) il
vecchio governo, il quale, in un periodo di crisi, non
cadrà mai se non lo si farà
cadere.
Senza dubbio, dice Lenin, si è determinata nel primo anno di
guerra una situazione di crisi economica e politica. Il
socialsciovinista Paul Lensch, a suo modo, lo ammette dicendo che
attraversiamo una rivoluzione originale.
Con maggiore lungimiranza Lenin commenta: tutto il
regime politico dell'Europa è scosso, e nessuno, certo, oserà
negare che siamo entrati (e sprofondiamo sempre più,
scrivo questo nel giorno della dichiarazione di guerra
dell'Italia) in un periodo di grandissime convulsioni
politiche.
Kautsky, con il suo piatto oggettivismo, constata che mai
il governo è stato così forte e mai i partiti così deboli come
all'inizio della guerra.
Lenin, con il suo materialismo, coglie invece il movimento
della realtà e individua un periodo di grandissime
convulsioni politiche. Possiamo dire che, nella
prospettiva storica e temporale, coesistono il governo
più forte e un periodo di grandissime
convulsioni politiche. L'evoluzione della crisi
politica procede in tale dialettica di contraddizioni insanabili,
e in forme che presentano quasi sempre le due facce del
movimento.
Lenin lo chiarisce magistralmente: E quanto più la
guerra si trascina e s'inasprisce, tanto più
fortemente gli stessi governi sviluppano e sono costretti a
sviluppare l'attività delle masse, spronandole a una
straordinaria tensione delle loro forze e al sacrificio
di se stesse.
Riusciamo a capire, finalmente, perché governo forte e
convulsioni politiche procedono nel ciclo della guerra, nel ciclo
della massima crisi. Riflettendo sull'analisi di Lenin
comprendiamo perché è proprio la forza dei governi a sviluppare
l'estensione e la profondità del conflitto; in altre parole, è
la forza dei governi a determinare la mobilitazione delle masse.
Siamo di fronte al fatto soggettivo derivato da un
rilevante aumento dell'attività delle masse.
Scrive Lenin: L'esperienza della guerra, come
l'esperienza di qualsiasi crisi nella storia, come
qualsiasi grande disastro o qualsiasi svolta nella vita
d'una persona, mentre istupidisce e abbatte gli uni,
educa e tempera gli altri, di modo che, in complesso,
nella storia di tutto il mondo, il numero e la forza di questi
ultimi superano il numero e la forza dei primi, ad eccezione di
singoli casi di decadenza e di sfacelo di un qualche Stato.
A volte si è riflettuto poco sul fatto che gli stessi
avvenimenti che istupidiscono e abbattono certe correnti
politiche ne educano e temprano altre. È un insegnamento della
concezione materialistica della politica,
Vediamo come questo specialistico linguaggio di metodo trovi
una chiara traduzione nel linguaggio dell'analisi politica.
Riprendiamo l'esame dell'articolo su il fallimento
della Seconda Internazionale e soffermiamoci sulla critica
a G. Plekhanov.
La più primitiva delle teorie
socialscioviniste è la teoria dell' aggressore
o della difesa dall'aggressore. È una banalità
trita e ritrita. Plekhanov l'abbellisce col
suo abituale gesuitico richiamo alla dialettica
. In realtà; sostituiste la sofistica alla
dialettica.
Qui Lenin, illustrando la differenza fra la sofistica e la
dialettica, fornisce una lezione di metodo e di politica:
Il sofista afferra uno degli argomenti;
già Hegel aveva detto giustamente che si possono
trovare degli argomenti per qualsiasi cosa al mondo.
La dialettica esige l'analisi di tutti gli aspetti di un
dato fenomeno sociale nel suo svolgersi, esige che si
riconducano le manifestazioni esterne, apparenti, alle forze
motrici fondamentali, allo sviluppo delle forze produttrici e
alla lotta di classe.
Come si traduce in politica il metodo dialettico di ricondurre
le manifestazioni apparenti alle forze motrici fondamentali senza
cadere in una risposta oggettivistica? Si traduce in un'analisi
di tutti gli aspetti del fenomeno sociale, in un'analisi,
appunto, che non sia fine a se stessa e che non si riduca ad una
inutile ed inefficace pedanteria. Analisi di tutti gli aspetti
del fenomeno sociale nel suo svolgersi, ci
ammonisce Lenin, proprio per poterlo ricondurre allo sviluppo
delle forze produttive.
Seguiamo Lenin nella lezione di dialettica e di politica
rivoluzionaria che impartisce a Plekhanov: In lui non
si trova neppure l'ombra di un tentativo di accennare
alla storia economica e diplomatica, anche solo dei tre ultimi
decenni, e questa storia dimostra incontestabilmente che
l'asse principale della politica di tutti e due i gruppi
di potenze attualmente belligeranti consiste appunto
nelle conquiste coloniali, nel depredare terre straniere
e nel soppiantare e rovinare il concorrente più fortunato.
La politica internazionale dell'imperialismo non può essere,
quindi, affrontata teoricamente e praticamente se non nel suo
svolgimento storico. Lenin aggiunge una considerazione
importante: Applicati alle guerre, i principi
fondamentali della dialettica, che Plekhanov ha così
sfrontatamente falsificato per compiacere la borghesia,
consistono in questo: La guerra è semplicemente
la continuazione della politica con altri mezzi (e
precisamente con mezzi violenti). Questa definizione è dovuta a
Clausewitz, uno dei maggiori scrittori di storia militare, le
cui idee erano state fecondate da Hegel.
Una attenta lettura ci ha permesso di comprendere che la
ripresa leniniana della formula di Clausewitz è funzionale alle
tesi dell'analisi del fenomeno sociale nel suo svolgersi. Il
movimento è rapporto tra spazio e tempo. La politica è
movimento storico. La politica continua nella guerra.
A tal fine è importante l'annotazione su due concezioni dello
sviluppo: Le due fondamentali (o le due possibili? o le
due osservabili nella storia?) concezioni dello sviluppo
(evoluzione) sono: lo sviluppo come diminuzione e aumento, come
ripetizione, e lo sviluppo come unità degli opposti
(sdoppiamento dell'uno in opposti che si escludono l'un
l'altro e il loro reciproco rapporto.
Non è un caso che Lenin rimproveri, nell'articolo politico su
Il fallimento della Seconda Internazionale, Plekhanov
di avere falsificato i principi della dialettica e che gli
contrapponga Clausewitz.
Lenin cita per esteso il passo di Clausewitz che inizia in
questo modo: tutti sanno che le guerre scaturiscono
soltanto dai rapporti politici fra i governi e fra
ipopoli, ma abitualmente le cose vengono presentate in modo da
far credere che, all'inizio della guerra, questi rapporti cessino
e sorga una situazione assolutamente diversa, sottoposta
soltanto a leggi sue proprie. Noi al contrario
affermiamo che la guerra non è altro che la
continuazione dei rapporti politici con l'intervento di
altri mezzi.
Lenin ricorda che: E questa fu sempre precisamente
l'opinione di Marx e di Engels, i quali consideravano ogni guerra
come la continuazione della politica degli Stati
interessati e delle diverse classi all'interno di questi Stati,
in un dato momento.
Invece: Il rozzo sciovinismo di Plekhanov riposa
sulla stessa precisa posizione teorica dello sciovinismo
di Kautsky, più raffinato, conciliante e
dolcificato, che spiega il passaggio dei socialisti di
tutti i paesi dalla parte dei propri capitalisti
con il seguente ragionamento. difendere la patria
è diritto e dovere di tutti; il vero internazionalismo
consiste nel riconoscere tale diritto al socialisti di
tutte le nazioni, comprese quelle che sono in guerra contro la
mia
.
È Kautsky a riprendere le leggi proprie della
guerra; Ma a ben guardare, le
premesse teoriche del ragionamento di Kautsky risultano identiche
all'opinione derisa da Claosewitz circa ottant'anni fa: con
l'inizio della guerra cessano i rapporti politici storicamente
esistenti fra i popoli e le classi e sopravviene una situazione
assolutamente diversa!.
Lenin ha ripreso la legge della conoscenza e il
sarcasmo della dialettica.
Poche righe prima, Lenin ha definito l'unità degli
opposti la scoperta di tendenze contraddittorie
opposte e che si escludono reciprocamente, in tutti i
fenomeni e processi della natura (inclusi
spirito e società). Limitiamo le nostre
considerazioni al campo sociale. Diventa chiaro perché: lo
sviluppo e una lotta degli opposti. Gli opposti
sono le classi sociali nella loro dinamica.
Teniamo presente il seguente passo: la dialettica
come conoscenza vivente, multilaterale (con un
numero di lati eternamente crescente), con una infinità di
sfumature di ogni genere nell'abbordare, nell'avvicinare la
realtà (con un sistema filosofico che da ogni sfumatura si
sviluppa fino a divenire un intero), - ecco il contenuto
incommensurabilmente ricco a paragone del materialismo
metafisico, il cui difetto principale consiste nella
incapacità di applicare la dialettica alla teoria del
riflesso, al processo e allo sviluppo della conoscenza.
Grazie alla conoscenza multilaterale possono
essere affrontati politicamente i vari aspetti dea crisi
della Seconda Internazionale.
K. Kautsky afferma: Non è affatto vero che
la guerra sia puramente imperialista. Ma
allora che cosa diamine è? si chiede Lenin. È anche
nazionale. La dialettica
si trasforma nella sofistica più vile, più
abietta!, commenta Lenin e aggiunge: l'elemento
nazionale nella guerra attuale, è rappresentato
solamente dalla guerra della Serbia contro l'Austria....
Possiamo dire che la guerra imperialista è la lotta
degli opposti.
Lenin ricorda che: La dialettica di Marx,
la quale rappresenta l'ultima parola del metodo evoluzionista
scientifico, proscrive appunto l'esame isolato, vale a dire
unilaterale e mostruosamente deformato d'un oggetto. Il fattore
nazionale della guerra serbo-austriaca non ha e non può
avere alcuna seria importanza nella guerra
europea.
Ed è proprio la conoscenza multilaterale a
permettere una valutazione, che si avvicina alla realtà, della
importanza del singolo fattore.
Tanto più che: Non esistono e non possono esistere
fenomeni puri, sia nella natura che nella
società. Precisamente questo insegna la dialettica di
Marx, mostrandoci che lo stesso concetto della purezza
è una certa limitazione e unilateralità dell'umano intelletto,
incapace di abbracciare completamente un oggetto in tutta la sua
complessità. Possiamo così comprendere perché la
guerra imperialista non possa essere un fenomeno
puro.
Lenin sottolinea che: Nel mondo non esiste e non
può esistere un capitalismo puro, poiché in
esso vi è sempre un miscuglio di feudalesimo, di
piccola borghesia, oppure di qualcos'altro ancora
Lo sviluppo della guerra mondiale lo dimostrerà nell'area
slava.
A nostro giudizio il rivoluzionario russo segue un
procedimento analogo nell'analisi del fenomeno politico. Nei
Quaderni afferma: Tale deve essere anche il
metodo di esposizione (respective di studio) della
dialettica in generale (giacché la dialettica della
società borghese è per Marx solo un caso particolare
della dialettica in generale). Cominciare con la cosa
più semplice, più abituale, più diffusa ecc., con una proposizione
qualsiasi. le foglie dell'albero sono verdi, Giovanni è un uomo,
Fido è un cane e simili.
Il fenomeno politico deve essere considerato come dialettica
della società borghese. Se è giusta questa nostra
considerazione, diventa ancora più chiaro il seguente passo,
sempre al fine della conoscenza politica: A questo modo
in qualsiasi proposizione si può (e si deve) scoprire, come in
una cellula. gli embrioni di tutti
gli elementi della dialettica, e mostrare così che la
dialettica è propria in generale di tutta la conoscenza umana.
Nella conoscenza della politica proseguiamo con la lettura di
ulteriori passi de Il fallimento della II
Internazionale. I due capi del socialsciovinismo, Plekhanov
e Kautsky, si richiamano a Marx ed Engels per risolvere il
problema di sapere per quale delle parti sarebbe stata più
desiderabile la vittoria nelle guerre del secolo scorso.
Commenta Lenin: È il 7hetodo di tutti i sofisti di
ogni tempo
prendere esempi che evidentemente si riferiscono a casi
fondamentalmente diversi. Le guerre che ci vengono
indicate erano
la continuazione della politica dei movimenti
nazionali borghesi, durati molti anni e diretti contro
il giogo straniero, contro il giogo di un'altra nazione,
e contro l'assolutismo (turco e russo).
Nel prosieguo della critica ai sofismi di Piekhanov e di
Katitsky, Lenin sviluppa una argomentazione che va oltre la
polemica contingente e che assume un valore strategico di ampio
respiro storico: Non c'era allora, e non poteva
esserci, nessun altro problema fuorché quello di sapere
se fosse preferibile il successo dell'una piuttosto che
dell'altra borghesia.... E a M. Cernov, il capo degli
epigoni del populismo, che definisce sciovinismo
rivoluzionario l'atteggiamento di Marx, risponde: Noi
marxisti siamo sempre stati e siamo per la guerra
rivoluzionaria contro i popoli controrivoluzionari
L'affermazione è importante, anche perché è corredata
dalla seguente ipotesi: Se il socialismo, per esempio,
trionfasse in America o in Europa nel 1920, e il
Giappone e la Cina, supponiamo, muovessero allora contro
di noi - anche se da principio soltanto diplomaticamente
- i loro Bismarck, noi saremmo per la guerra offensiva
rivoluzionaria contro quei paesi.
La dialettica mira a vette inesplorate.
L'osservazione è suggerita da un passo nel quale
Cicerone definisce il fato come l'ordine e la
serie delle cause, quando una causa, legata a un'altra
causa, genera una cosa dal suo seno.
Questi ed altri appunti metodologici di Lenin fecondano la sua
analisi politica in generale e, in particolare, il suo esame su
il fallimento della II Internazionale: Per
lo strato superiore della piccola borghesia o
della aristocrazia (e burocrazia) della classe operaia, si tratta
di difendere e di consolidare la propria posizione
privilegiata. ecco il naturale proseguimento delle illusioni
opportunistiche piccolo-borghesi e della tattica corrispondente
durante la guerra; ecco la base economica del socialismo
odierno.
L'autore cita alcune opere, dall'inglese C. P. Lucas con
La grande Roma e la grande Britannia del 1912 al
tedesco Sartorius von Waltershausen con L'investimento
dei capitali all'estero del 1907, dove vengono criticate le
idee utopistiche internazionaliste del socialismo. In
particolare I.I. Ruedorffer, nel suo libro sulle basi della
politica mondiale: sottolinea il fatto ben
noto che l'internazionalizzazione del capitale non elimina per nulla
la lotta acuta dei capitali nazionali per il potere,
per le zone di influenza, per la maggioranza delle
azioni, e osserva che gli operai vengono trascinati in
questa aspra lotta.
Lo stesso Ruedorffer riconosce che: il socialismo
internazionale vincerà se riuscirà a strappare gli operai
all'influenza della nazionalità, poiché con la sola
violenza non si ottiene nulla; ma sarà battuto se il
sentimento nazionale prenderà il sopravvento.
Uno dei teorici dell'imperialismo capisce prontamente che la
internazionalizzazione del capitale acuisce la lotta dei capitali
nazionali per il potere e rende necessario e possibile il
coinvolgimento degli operai in tale lotta. Lenin lo nota subito
perché è attrezzato a respingere l'oggettivismo e
l'evoluzionismo pacifico.
Vede la politica catena delle cause quando
scrive: E, naturalmente, la forza dell'abitudine, la
consuetudine di una evoluzione relativamente 'pacifica',
i pregiudizi nazionali, la paura dei
rivolgimenti repentini e la sfiducia in essi sono le circostanze
complementari che hanno rafforzato l'opportunismo e l'ipocrita e
codarda conciliazione con esso, sia pure soltanto
temporanea, sia pure soltanto per cause e ragioni particolari.
Può essere, così, tracciata la caratteristica dello sviluppo
dell'opportunismo: La guerra ha modificato
l'opportunismo sviluppatosi attraverso decenni, lo ha
elevato a un grado superiore, ha aumentato il numero e la
varietà delle sue sfumature, ha ingrassato le fila dei suoi
seguaci, ha arricchito i suoi argomenti con un mucchio
di nuovi sofismi, ha incanalato, per così dire, la corrente
principale dell'opportunismo in molti nuovi ruscelli e
ruscelletti; ma la corrente principale non è scomparsa. Al
contrario.
La critica rivoluzionaria deve affrontare quantità e qualità
delle sfumature dell'opportunismo.
La dialettica nella scoperta delle
forme politiche
Nell'opera Stato e rivoluzione, scritta nell'estate
del 1917, Lenin dedica il secondo capitolo all'esperienza del
1848-1851. Il secondo paragrafo riguarda il bilancio tracciato da
Marx: Proprio questo è il problema che Marx pone e
risolve nel 1852. Fedele alla sua filosofia, il
materialismo dialettico, Marx prende come base
l'esperienza storica dei grandi anni rivoluzionari 1848-1851.
Qui, come sempre, la dottrina di Marx è il bilancio di
un'esperienza, bilancio illuminato da una profonda concezione
filosofica del mondo e da una vasta conoscenza della
storia.
La dialettica delle epoche storiche
In una pagina dei Quaderni filosofici, Lenin scrive
che l'essenza della dialettica viene espressa anche con
la formula. unità, identità degli opposti. Lenin
osserva che: Noi non possiamo rappresentare il
movimento, non possiamo esprimerlo, misurarlo, riprodurlo, senza
interrompere la continuità, senza semplificarla,
alterarla, sminuzzarla, senza uccidere ciò che
vive.
La dialettica della scienza infinita
Gran Parte dei Quaderni filosofici, redatti nei
primi mesi di guerra, sono dedicati all'opera di Hegel.
Nel riassunto della Scienza della logica del filosofo
tedesco, Lenin annota come fine e
profondo un passo che sintetizza nei seguenti termini:
La logica somiglia alla grammatica in questo, che essa
una cosa è per i1 principiante e un'altra per il
conoscitore della lingua (e delle lingue) e
dello spirito della lingua. Altro è la logica per chi si
accosta ad essa e alle scienze in generale per la prima
volta, ed altro per chi dalle scienze ritorna ad
essa.
La dialettica della verità oggettiva
Riassumendo, nei suoi Quaderni filosofici, la
Scienza della logica di Hegel, Lenin si sofferma
sulla dottrina del concetto. Sottolinea i
passi riguardanti la dialettica dei concetti e le sue
radici materialistiche.
I tre sintomi del capovolgimento
Nella risposta a Cunow, Lenin mette in chiaro che il manifesto di
Basilea dice che la guerra creerà una crisi economica e politica
e che i socialisti hanno il dovere, di utilizzare la crisi. Ma
come? Per il marxista non v'è dubbio che la
rivoluzione non è possibile senza una situazione
rivoluzionaria e che non tutte le situazioni rivoluzionarie
sboccano nella rivoluzione. In questo passo di
Lenin,la verità è processo, dato che è la
conoscenza del passaggio da una situazione rivoluzionaria ad una
rivoluzione. Con, la guerra, si è determinata una situazione di
crisi economica e politica? Sì, senza dubbio,
la crisi politica è evidente, tutti i
governi vivono sopra un vulcano: questo è il giudizio
dell'articolo del maggio 1915.
La dialettica della crisi politica
Negli appunti A proposito della dialettica', inclusi nei
Quaderni filosofici, Lenin osserva che nella
dialettica (oggettiva) è relativa anche la differenza
tra relativo e assoluto.
La sofistica e la dialettica della
politica
Negli appunti sulla Storia della filosofia, di Hegel,
contenuta nei Quaderni filosofici, Lenin risponde
alla obiezione di V. M. Cernov contro Engels riguardo il rapporto
tempo-spazio nel movimento. Giudica errata l'obiezione di Cernov
perché: 1) essa descrive il risultato del movimento è
non il movimento stesso; 2) essa non mostra, non
contiene in sé la possibilità del movimento; 3)
rappresenta il movimento come un insieme di stati di quiete,
cioè con essa la contraddizione (dialetticá) non viene tolta,
ma solo velata, differita, celata, coperta.
La dialettica delle parti opposte
All'inizio degli appunti A proposito della
dialettica, Lenin dice che l'essenza della dialettica è lo
sdoppiamento dell'uno e conoscenza delle sue parti
costitutive opposte. Plekhanov non dedica
sufficiente attenzione a questo lato della dialettica: l'identità
degli opposti viene presa come somma di esempi. Anche
Engels fa questo, ma lo fa per ragioni di
popolarizzazione e non per rappresentare la legge
della conoscenza. Quello che Lenin accetta in Engels
per ragioni di popolarizzazione non lo
accetta in Plekhanov per ragioni politiche.
La dialettica multilaterale
Nei Quaderni filosofici è scritto: Condizione
della conoscenza ai tutti i processi del mondo nel loro
automovimento, nel loro sviluppo spontaneo,
nella loro realtà vivente è la conoscenza di essi come
unità degli opposti.
La dialettica del
fenomeno politico
Negli appunti A proposito della dialettica, Lenin
osserva che: Marx nel Capitale analizza dapprima il
rapporto più semplice, abituale, fondamentale, il
rapporto più diffuso, più ricorrente, osservabile
miliardi di volte, della società (mercantile) borghese: lo
scambio delle merci. L'analisi scopre in questo fenomeno
elementare (in questa cellula della società
borghese) tutte le contraddizioni (resp. l'embrione di tutte le
contraddizioni) della società moderna.
La catena politica delle cause
Commentando un'opera di F. Lassalle sulla filosofia di
Eraclito, Lenin, nei Quaderni filosofici, osserva
che: Millenni sono passati dal tempo in cui
nacque l'idea del legame di tutte le cose,
della catena delle cause. Un confronto fra i diversi
modi in cui queste cause sono state concepite nella storia del
pensiero umano darebbe una teoria della conoscenza suffragata
da prove incontestabili.